Il linfedema è una patologia cronica, con andamento evolutivo, e disabilitante, che richiede un team riabilitativo, con specifica preparazione linfologica, che prende in carico il paziente in modo globale ed apre un progetto riabilitativo che include un programma terapeutico personalizzato.
L’apertura di un progetto riabilitativo viene preceduta, all’interno di un team riabilitativo multidisciplinare, dalla valutazione clinica (anamnesi generale, oncologica, sociale, modalità ed insorgenza dell’edema, esame obiettivo), dalla misurazione centimetrico-volumetrica degli arti a confronto, calcolo dell’BMI, dallo staging clinico, dalla valutazione posturale e articolare-muscolare degli arti, ma anche dalla valutazione dello stato psicologico, della qualità della vita percepita e dei bisogni del paziente.


Alla valutazione del funzionamento della persona, delle risorse disponibili, della conoscenza di un  percorso terapeutico precedentemente effettuato e dell’utilizzo-problematiche del  tutore elastico indossato, segue la decisione della presa in carico globale del paziente con l’apertura di un progetto riabilitativo che contiene un programma personalizzato espressione della strategia terapeutica-educativa progettata dal team (tipo di trattamento, frequenza settimanale delle sedute, durata complessiva del trattamento, scelta-collaudo del tutore elastico, fase di mantenimento, terapia farmacologica, self-care, follow-up).
Per una programmazione terapeutica ottimale al team riabilitativo, che dovrebbe comprende la presenza di figure professionali costanti (linfologo, fisiatra, fisioterapista, infermiere), vengono coinvolte, quando ritenute necessarie dal responsabile del progetto riabilitativo, altre competenze specialistiche (oncologo, medico nucleare, psicologo, dietologo, terapista occupazionale, tecnico ortopedico, chirurgo plastico).
Il team riabilitativo per ottenere il successo terapeutico necessita però dell’aderenza del paziente al programma riabilitativo e questo obiettivo si realizza attraverso l’informazione da parte degli operatori, spesso con il coinvolgimento familiare, sulla propria condizione clinica e sulla strategia terapeutica progettata al fine di una maggiore consapevolezza e responsabilità nei confronti sia della malattia che del programma  riabilitativo. Per ottenere l’aderenza del paziente è ovviamente necessaria una comunicazione ottimale da parte del team che rispetti il personale tempo di latenza (capire un concetto, esserne consapevoli, metterlo in pratica) e le caratteristiche del paziente (età, inadeguata comprensione per motivi socio-culturali, presenza di disturbi cognitivi, condizione psicologica); tale capacità comunicativa non può prescindere dall’apprendimento da parte del team riabilitativo di abilità come la dimostrazione di empatia, la capacità di ascoltare e capire il disagio del paziente, l’utilizzo di un linguaggio semplice, non possedendo il paziente una conoscenza medico-scientifica,  e la capacità di riassumere le informazioni ricevute.
Utile inoltre il coinvolgimento del paziente e/o di familiari sia nella verifica intermedia dei risultati ottenuti, per infondere fiducia nei confronti del team e del programma riabilitativo, sia nella verifica finale nella quale il recupero di abilità ed il miglioramento dell’aspetto dell’arto rappresentano una forte motivazione per uno stile di vita adeguato ed il mantenimento dei risultati ottenuti.
Nella considerazione che il programma riabilitativo viene progettato dal team per conseguire non solo risultati a breve e medio termine, espressione del trattamento riabilitativo, ma anche a lungo termine, è indispensabile l’educazione terapeutica che include il far comprendere al paziente la malattia (causa, evoluzione, cura), l’importanza delle norme igienico-comportamentali da inserire nella vita quotidiana ed il self-care (autovalutazione, autodrenaggio manuale, pressoterapia domiciliare, autobendaggio, attività fisica, gestione del tutore elastico).
In conclusione il team riabilitativo, con un approccio olistico, deve avere come obiettivi non solo il miglioramento della qualità della vita del paziente, ma anche quello di responsabilizzazione nei confronti della gestione della propria malattia cronica al fine di un migliore controllo evolutivo della patologia ed  una minore dipendenza dal team con conseguente riduzione della richiesta di interventi ripetitivi.

 

 

 

 

 

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